Stai percorrendo il raccordo in macchina, è una bella giornata primaverile, ascolti la musica, la temperatura dell’aria è piacevolmente tiepida; è tutto ok. All'improvviso e senza una apparente buona ragione (o almeno così ti sembra), la testa diventa vuota, il battito del cuore comincia a rimbombare nel petto, un groppo alla gola, la sensazione di soffocare e il bisogno di respirare sempre più profondamente; il respiro si fa affannoso, gocce di sudore imperlano la fronte, ansimi, tutto ti sembra strano...distorto, le gambe tremano...
Ti assale una intensa paura; il primo pensiero è che si tratta di un attacco cardiaco, forse un ictus: stai per morire. Accosti velocemente la macchina e cerchi di chiamare qualcuno che ti venga a prendere e ti porti quanto prima al pronto soccorso... e nel frattempo prendi una decisione: se sopravvivi, il raccordo non lo farai mai più!
La spirale ha inizio
Si è trattato di un attacco di panico, la forma più acuta e intensa dell'ansia, che si presenta come una crisi che si consuma in circa 10 minuti. In genere, chi ha avuto uno o più attacchi di panico, tende ad avere paura che questa esperienza si ripresenti; così, la paura della paura porta ad evitare il raccordo, l'autostrada, la metro e così via. La persona non se ne rende conto ma, in realtà, non sta scappando dalla metropolitana, dal raccordo o dall'autostrada: sta fuggendo dal proprio panico e dal malessere che esso comporta, un malessere anche somatico che è molto importante imparare a decifrare, altrimenti, ogni tachicardia diventa il chiaro sintomo di un infarto, ogni giramento di testa è sicuramente un ictus e così via.
Comprendere gli aspetti organici dell’attacco di panico non equivale a guarire ma, certamente, ne è la premessa indispensabile.
Noi come gli animali
Per descrivere i molti effetti che l’ansia produce sul nostro corpo, può essere utile ricorrere ad una analogia con il mondo animale.
Immaginiamo un branco di bufali brucare l’erba sotto il sole della savana. Qualche esemplare cerca di insidiare una femmina; mangia, digerisce, si accoppia. E' sereno e tranquillo. La respirazione ed il battito cardiaco sono lenti e regolari. All'improvviso spunta un leone. Se il bufalo continuasse a brucare in tutta tranquillità, l’azione di caccia del leone finirebbe qua (e con successo). Tuttavia, la natura non si arrende così facilmente ed ecco che scatta una condizione fisiologica del tutto diversa dalla precedente: il bufalo passa da uno stato di calma ad uno di allarme. Il corpo si prepara ad attaccare o fuggire dal predatore ma per fare questo, deve avere i muscoli pronti a scattare. La tensione estrema dei muscoli porta a tremori che possono manifestarsi con scosse fini o grossolane. I muscoli hanno bisogno di più ossigeno; niente di meglio che respirare di più. Respirando più del necessario, ci si sente come ubriachi, estranei alla propria persona, tutto attorno sembra alterato nella forma e nelle proporzioni. Possono comparire vertigini, brividi, formicolii alle estremità. Per far sì che questo ossigeno sia disponibile, il cuore batte molto rapidamente e la pressione aumenta. Questa intensa attivazione rappresenta per il nostro bufalo l’unica possibilità di salvarsi ma può essere angosciante se vissuta da una persona in coda sul raccordo o in un aereo, per di più in assenza di un famelico leone che possa ragionevolmente giustificarne la presenza.
Se si prova una intensa paura in situazioni che gli altri tollerano benissimo, è inevitabile pensare: “sto diventando pazzo, morirò…non ho il controllo...”
I primi passi fuori dal tunnel
Il primo passo per uscire dal tunnel è comprendere che si tratta di una reazione naturale del corpo di fronte ad una minaccia, quindi tieni a mente che anche se davanti a te non c’è un leone, il tuo corpo sta reagendo come se ci fosse, poiché evidentemente hai percepito uno stimolo come molto pericoloso per te. A questo punto, il tuo organismo ha avviato una catena di reazioni e sensazioni corporee di per sé innocue. L’attacco di panico ha luogo proprio nel momento in cui leggerai tali innocue sensazioni come molto pericolose per te. Ricorda che il pericolo di morte incombente non è reale. Tieni inoltre a mente che queste reazioni fisiche hanno un tempo limitato, con un inizio, una fase crescente ed una fine. Ciò vuol dire che al culmine dell’attacco c’è… la fine dell’attacco. Nulla di più.
Nel nostro studio, trattiamo il Disturbo di Panico attraverso un modello integrato che include l’utilizzo dell’EMDR, proprio in considerazione del fatto gli attacchi siano vissuti come eventi talmente angoscianti e imprevedibili, da indurre risposte di paura e/o impotenza anche estrema, esattamente come accade nel caso di importanti accadimenti traumatici.