Consultazione genitoriale: che cos’è e come possiamo aiutarvi

 

Cos’è la consultazione genitoriale?

Talvolta ci troviamo a gestire, come genitori, alcune difficoltà nella relazione con nostro figlio, che, sebbene piccole o transitorie, possono comunque incidere negativamente sulla serenità della famiglia. Anche un bimbo assolutamente “sano” sotto il profilo medico e con un livello intellettivo nella norma, può presentare alcuni “sintomi” al livello comportamentale e relazionale di fronte ai quali non sappiamo cosa fare, finendo per sentirci impotenti.

Nel corso dell’infanzia e dell’adolescenza, si possono infatti presentare:

  • paure (talvolta vere e proprie fobie)
  • enuresi
  • un'espressione della rabbia che può apparirci eccessiva o scollegata con quanto sta accadendo
  • rifiuto ad andare a scuola
  • disubbidienza persistente
  • oppositività
  • inosservanza delle regole
  • dipendenza
  • richieste eccessive di attenzione
  • insicurezza
  • chiusura
  • difficoltà a socializzare con altri bimbi.

Questi sono solo alcuni dei modi in cui un bambino può manifestare uno stato di disagio, facendo sì che, di fatto, lo sperimentiamo anche noi in prima persona. In effetti, la principale caratteristica del disagio di un bambino consiste nel creare, a corto circuito immediato, una situazione di sofferenza/insofferenza nell’adulto con cui interagisce: di fronte ad un bambino che “sta male” e manifesta tale star male con comportamenti non accettabili, anche l’adulto che di lui si prende cura “sta male” a sua volta, perché questo è il normale modo di comunicare a livello umano quando sono in ballo contenuti di ordine emotivo.

In tali situazioni in cui la buona volontà di chi quotidianamente lo alleva, non è sufficiente a promuovere significativi cambiamenti nel comportamento del bambino, la consultazione genitoriale può davvero fare la differenza.

 

Come possiamo aiutarvi?

Noi partiamo dal presupposto che il “comportamento problematico” che il bambino mostra in famiglia o a scuola rappresenti una sorta di “messaggio in codice” che egli invia a noi, adulto di riferimento; un messaggio “senza pensiero” sotto il quale nasconde un bisogno non espresso in modo chiaro, al quale rischiamo di fornire, sotto stress, una risposta istintiva finendo per ignorare, inconsapevolmente, la richiesta di aiuto che si cela dietro il comportamento problematico.

L’obiettivo che ci poniamo nella consultazione genitoriale è quello di supportare gli adulti di riferimento, facilitando una corretta decodifica del messaggio relazionale, nonché l’individuazione di un’adeguata risposta: se, come già detto, il comportamento è un messaggio senza pensiero, va da sé che il ruolo dell’adulto coinvolto in un processo educativo sarà proprio quello di “mettere del pensiero” sul messaggio veicolato dal comportamento del bambino.

In sintesi, questa cornice di significato sposta il ruolo del genitore da “vittima” della sofferenza creata dal disagio del bambino ad artefice principale della strategia di aiuto: l’adulto, posto al centro del circuito, esce dallo stato d’impotenza a cui lo costringeva il subire il disagio e si assume il potere di raccogliere la sofferenza per rispondervi in modo costruttivo.

La nostra esperienza ci dice che questa è la via da percorrere per uscire dallo stallo e ritrovare la serenità.

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