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La nostra vita come figli è in parte un capitolo della storia dei nostri genitori. Ogni generazione è influenza da quella precedente e influenza quella successiva. Anche se i nostri genitori possono aver fatto del loro meglio, possiamo aver avuto esperienze precoci che non vorremmo trasmettere ai nostri figli. Eppure da adulti ci ritroviamo a comportarci come faceva mamma con noi o a parlare a nostro figlio o al nostro partner come ci parlava papà… ma anche se molto spesso ci ritroviamo “attaccati” comportamenti che abbiamo a nostra volta ricevuto da bambini, non siamo destinati a ripetere obbligatoriamente i pattern dei nostri genitori o del nostro passato.

Se riusciamo a comprendere il senso della storia della nostra vita possiamo costruire esperienze positive che ci consentono di andare oltre i limiti posti dal nostro passato e di creare un modo diverso di vivere per noi.

È importante dare un senso alla nostra infanzia?

Riflettere sulle esperienze della nostra infanzia può aiutarci a dare un senso alla storia della nostra vita… ma gli eventi della nostra infanzia non possono essere cambiati! Vero. Ma allora perché è utile una simile riflessione? Una comprensione profonda di noi stessi può cambiare ciò che siamo.

Dare un significato alla nostra storia ci dà la possibilità di scegliere i nostri comportamenti e di aprire la nostra mente ad uno spettro più ampio di esperienze, di avere un modo di comunicare con il nostro partner e con i nostri futuri figli che promuova sicurezza nel loro attaccamento.

L’attaccamento in età adulta

Innanzitutto che cos’è l’attaccamento? È un sistema dinamico di comportamenti che sostengono e creano un legame specifico tra due persone, in cui si percepisce il bisogno di stare vicino emotivamente e fisicamente all’altro di riferimento.

Ognuno di noi presenta un atteggiamento generale rispetto all’attaccamento, sviluppato nell’infanzia verso i nostri genitori, che influenza e si ripropone nelle nostre relazioni da adulti. Le modalità e i contenuti con cui raccontiamo le storie della nostra vita infantile lasciano trasparire la tipologia del nostro attaccamento.

Di seguito riporto le correlazioni emerse dalle ricerche della psicologa Main (2003): in base al tipo di attaccamento che abbiamo sviluppato da bambini è possibile prevedere che attaccamento avremo da adulti nei confronti del nostro partner e dei nostri figli.

Bambino   Adulto
Sicuro   Libero e autonomo
Ambivalente   Preoccupato o invischiato
Disorganizzato   Non risolto / disorganizzato

 

  1. Attaccamento adulto sicuro

Le persone che riescono a parlare delle esperienze vissute nella loro storia e nel loro attaccamento, mostrano delle narrazioni caratterizzate da flessibilità, oggettività e capacità di valutare l’importanza delle relazioni interpersonali. Le narrazioni risultano coerenti e riescono ad integrare nei loro discorsi il passato, il presente e ciò che li aspetta dal futuro.

  1. Attaccamento adulto distanziante

Questo attaccamento si mostra nelle persone che hanno avuto esperienze infantili dominate da una mancanza di disponibilità emozionale e da comportamenti di rifiuto da parte dei genitori. Può capitare che una volta diventati genitori, questi adulti si mostrano scarsamente sensibili rispetto ai segnali che inviano i figli e il loro mondo interiore sembra avere come componente fondamentale l’indipendenza. Le esperienze infantili raccontano di un “isolamento emotivo”, di un ambiente famigliare freddo e molto spesso sostengono di non ricordare le esperienze vissute da bambini. Nella loro vita sembra mancare un senso al ruolo che gli altri o il passato possono aver esercitato sul loro sviluppo, tenderanno quindi a svalutare la rilevanza delle relazioni interpersonali nella loro vita.

  1. Attaccamento adulto preoccupato

È frequente nelle persone che nei primi anni di vita hanno avuto esperienze di genitori che si prendevano cura di loro in modo incostante e imprevedibile. Spesso questi adulti diventano genitori pieni di dubbi e paura per quanto riguarda la possibilità di fare affidamento sugli altri e presentano un atteggiamento di base preoccupato caratterizzato da ansia, incertezza e ambivalenza verso le persone significative della loro vita presente. Le loro narrazioni sono in genere ricche di aneddoti che rivelano come questioni del passato lasciate in sospeso continuano ad entrare prepotentemente nel presente e tali intrusioni hanno un impatto negativo sulla capacità di rispondere in maniera flessibile a ciò che sta capitando nel qui ed ora.

  1. Attaccamento adulto non risolto

Persone che hanno vissuto perdite o traumi rimasti irrisolti possono entrare improvvisamente in stati che risultano allarmati o disorientati. Una volta diventati genitori per esempio possono apparire distanti ed estraniati quando il loro bambino è irrequieto o manifestare segni di disagio, oppure possono arrabbiarsi e diventare minacciosi se un bambino eccitato corre cantando “troppo forte”. Ma perché succede questo? La presenza di elementi non risolti determina un’interruzione nei flussi di informazioni nella mente e riduce le capacità di raggiungere un equilibrio emozionale e quindi di mantenere una relazione flessibile con gli altri. Questi processi influenzano in modo diretto le relazioni significative con gli altri nel presente.

E tu, che attaccamento pensi di aver sviluppato nella tua infanzia?

Essere consapevoli della nostra storia ci può aiutare a vivere meglio con gli altri e a diventare genitori flessibili e accoglienti. Diversi studi (Siegel - Hartzell, 2005) dimostrano che uno stato di attaccamento sicuro può essere “acquisito” in età adulta attraverso un processo di crescita associato a relazioni positive con amici, partner, insegnanti o terapeuti.

Incominciare cercando di approfondire la conoscenza che abbiamo di noi stessi e della nostra infanzia ci aiuta ad elaborare una storia coerente della nostra vita e ci permette di unire e integrare i temi del nostro passato con quelli del nostro presente, mentre ci muoviamo verso il futuro.

Pubblicato in Salute e Benessere

Nel precedente articolo Il Copione di vita: la storia della nostra vita scritta da noi stessi! ho spiegato che il Copione è un piano di vita inconscio basato su Decisioni prese ad un qualunque stadio dello sviluppo, che inibiscono e limitano la flessibilità nel risolvere problemi e nel relazionarsi agli altri (Erskine, 1980).

Le Decisioni vengono prese in risposta ai Messaggi di Copione che provengono prevalentemente dai nostri genitori (Stewart – Joines, 2000).

Come vengono trasmessi i Messaggi di Copione?

Ancor prima di essere capace di parlare il bambino interpreta i messaggi non verbali dei genitori. Ha una percezione acuta delle espressioni, delle tensioni corporee, dei movimenti, dei toni di voce. Se la mamma lo tiene stretto e al caldo, il bambino sentirà: “Io ti accetto e ti amo”, ma se la mamma lo tiene rigidamente, un po’ discostato da sé, il bambino può sentire: “Io ti rifiuto e non ti voglio vicino”. La mamma può essere del tutto inconsapevole delle proprie tensioni verso il suo bambino.

Quando il bambino comincia a capire il linguaggio, la comunicazione non verbale è ancora importante e la userà per interpretare le parole dei genitori. Ad esempio, il piccolo Marco porta a casa un nuovo libro ed inizia a leggere, il papà con tono aspro dice: “Hai letto male!”, Marco potrebbe interpretare le parole del papà così: “Non voglio averti intorno”.

I Messaggi di copione spesso sono espressi sotto forma di ordini diretti: “Sbrigati!”, “Non essere stupido!”, “Fai quello che ti ho detto!”. La potenza di questi Messaggi dipenderà da quanto sono ripetuti e dai segnali non verbali che li accompagnano.

Spesso al bambino non viene detto solo ciò che deve fare, ma anche quello che è: “Tu sei la mia bambina”, “Non ce la farai mai”, “Sei brava a leggere”. Il contenuto può essere positivo o negativo, diretto o indiretto: “Non è molto forte, sapete”. Spesso il bambino dà per scontato che tali messaggi siano la realtà e su questi si modella e si adatta.

Quali sono i Messaggi di Copione? Sono i comandi e i permessi.

In Analisi Transazionale definiamo Contro-ingiunzioni i comandi su cosa fare e cosa non fare, più alcune definizioni degli altri e della realtà. Tutti noi ne abbiamo ricevuti moltissimi. Eccone alcuni tipici: “Sii buono”, “Lavora sodo”, “Bisogna lavare i panni sporchi in casa”, “Non si dicono le bugie”.

In riferimento alle contro-ingiunzioni prendiamo delle Decisioni per adeguarci agevolmente al contesto sociale e questi comandi ci aiutano a non urlare a tavola, a non buttare a terra il cibo che non vogliamo… tuttavia ci sono dei messaggi che influenzeranno la nostra vita in modo negativo.

Ecco le cinque contro-ingiunzioni principali:

“Sii perfetto” – “Sii forte” – “Sforzati” – “Cerca di piacere” – “Sbrigati”

Se il bambino sente una coazione a seguire questi messaggi, vuol dire che è convinto di poter essere OK fintantoché obbedisce al comando. Può accadere quindi che da adulto lavorerò talmente tanto sodo da farmi venire un ulcera per lo stress, pur di seguire il comando “Sforzati”, oppure non mi esporrò mai in modo diretto e sarò sempre accomodante verso i desideri altrui, sopprimendo i miei bisogni per obbedire al comando “Cerca di piacere” .

Definiamo invece Ingiunzioni permessi. Le ingiunzioni non sono verbali, vengono avvertite sotto forma di emozioni, di sensazioni corporee e sono rispecchiate nel comportamento. Immaginate una madre con il suo neonato, nell’accudirlo la mamma potrebbe tornare indietro alla sua infanzia e potrebbe provare piacere dallo scambio di carezze, come le piaceva essere accarezzata quando lei stessa era molto piccola. È probabile che il neonato avverta: “Mamma mi vuole e le piace che io sia vicino a lei”. La mamma sta dando al neonato il permesso di esistere e di starle vicino. Tuttavia la mamma potrebbe invece avvertire qualcosa di diverso: “Tutto questo è pericoloso, ora c’è un nuovo bambino che dovrà avere tutta l’attenzione, quando otterrò attenzione io?”. La mamma potrebbe essere spaventata dal nuovo arrivo e potrebbe inconsciamente sentire un rifiuto verso di lui e quindi trasmettere al bambino “Mamma non ti vuole”.

I terapeuti Bob e Mary Goulding (1976) hanno elaborato un elenco di dodici Ingiunzioni base, sulle quali vengono prese le prime Decisioni negative di Copione:

“Non essere” – “Non essere te stesso” – “Non essere un bambino” – “Non crescere” – “Non riuscire” – “Non fare niente” – “Non essere importante” – “Non far parte” – “Non entrare in intimità” – “Non star bene” – “Non pensare” – “Non sentire”

Ad esempio il “Non sentire” può essere modellato da quei genitori che soffrono essi stessi per le loro emozioni e spesso in queste famiglie sono proibite le manifestazioni di emozioni.

Oppure un genitore potrebbe spesso sminuire il pensiero del figlio: Andrea tutto orgoglioso mostra al papà i suoi sforzi per scrivere il proprio nome, il papà storce il naso e dice: “Che genio che sei!”, il padre sta tramettendo l’ingiunzione “Non pensare”.

I Messaggi di Copione non possono costringere un bambino a scrivere il proprio Copione, è sempre il bambino che decide cosa fare dei comandi e dei permessi ricevuti. Può accettarli così come sono, può modificarli, può rifiutarli. I bambini sono attenti osservatori e in particolare osservano la propria mamma e il proprio papà e spesso pensano: “Quale è il modo migliore per ottenere ciò di cui ho bisogno, qui?”. A tal proposito nel precedente articolo definivo il Copione come la migliore strategia che abbiamo trovato da bambini per sopravvivere al mondo. 

Se pensate alla vostra vita sicuramente troverete Comandi e Permessi a voi famigliari e che condizionano la vostra vita quotidiana. Essere consapevoli di questi Messaggi è il primo passo per cominciare ad aggiornare il vostro Copione di vita.

 

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Le Decisioni vengono prese in risposta ai Messaggi di Copione che provengono prevalentemente dai nostri genitori.

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